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4 CHIACCHERE CON MARCELLO CARUCCI

Dopo un periodo di sosta riprendiamo in mano il blog ricominciando da dove eravamo rimasti. In attesa di seguire la Dakar e l’AER tra i vari post che vedo su Facebook mi sono fermato su un grande MOTOVIAGGIATORE ….MARCELLO CARUCCI.

Già contattato in passato dove gli feci un paio di articoli, incuriosito lo contatto dopo tanto tempo e gli propongo una piccola intervista. Come sempre disponibile gli mando una email con una serie di domande e come suo solito mi risponde puntualmente. Ed eccoci qui pronto a scrivere questo articolo dedicato a lui …come sempre GRAZIE MARCELLO

  • CIAO MARCELLO PARTIAMO SUBITO DAI TUOI PROGETTI, HAI QUALCHE VIAGGIO IN PROGRAMMA NEI PROSSIMI MESI?
  • Ciao assolutamente si. Ho in programma qualche raid, uno è il ritorno, la quarta volta, in Algeria dove sono appena rientrato il 21 settembre di quest’anno, poi aspettando che la situazione politica si stabilizzi e che cessino queste guerre, il mio obbiettivo è ritornare a viaggiare in Africa ed in Medio Oriente anche perchè viaggiare in Europa è stupendo, ma il contatto umano che trovi in Africa è imparagonabile.
  • Ormai sappiamo benissimo la tua passione da motoviaggiatore e da scopritore di posti bellissimi …ma raccontaci anche della gente che incontri,: ospitalità, cortesia, disponibilità e hai avuto anche qualche brutta avventura?
  • Sono esattamente 43 anni che viaggio e ti posso dire che solo una volta mi è capitato una brutta esperienza, esattamente in Turchia e in Georgia dove ho subito un’aggressione di notte e ho dovuto passare la notte nel distretto di polizia….
  • Nei prossimi viaggi raccontami con che moto li affronterai?
  • Bhe i miei prossimi viaggi saranno realizzati in parte con la Yamaha World Raid e con la mitica Hayabusa dove ha già percorso ben 270.000 Km.
  • Marcello cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere un viaggio?
  • Bella domanda, bhe innanzitutto dovrebbe avere le idee chiare e studiare il viaggio ( itinerario ) magari studiando bene i percorsi, vedi i motori di ricerca, contattando vari viaggiatori che hanno già fatto un viaggio simile, informarsi della parte burocratica, come vestirsi cosa portarsi dietro di indispensabile…insomma ci vogliono mesi di preparazione, di certo l’improvvisazione non la condivido e ne la consiglio.
  • Mi dai la tua definizione di Motoviaggiatore?
  • Vedi per essere motoviaggiatore è colui che conosce luoghi, siti archeologici, panorami insomma cogliere tutte le bellezze del posto dove si visita, ma sopratutto conoscere i popoli, le loro usanze, i loro stili di vita insomma adeguarsi anche al posto dove si va. Inoltre bisogna anche avere una buona preparazione fisica anche perchè i lunghi viaggi sono si belli da affrontare, ma anche molto duri, ho attraversato 10 volte la Russia, 12 volte la Tunisia, Marocco, Senegal il Nord Europa insomma ho viaggiato molto.
  • Per concludere Marcello vedo che la maggior parte dei tuoi viaggi sono in Africa, cosa rappresenta per te questo continente?
  • Guarda molti viaggi li ho dedicati ai paesi dell’est dove nel 2015 sono arrivato a Kumamoto ( primo motoviaggiatore italiano ospitato dalla Honda in Giappone) un impresa unica anche perchè la feci in solitaria andata e ritorno in soli 2 mesi percorrendo 36500 km. Poi mi sono dedicato, ma non è mai abbastanza, al continente africano dove oltre ad avere visto luoghi meravigliosi, ho conosciuto gente meravigliosa con una grande umanità ed ospitatiltà.

La mia piccola intervista con Marcello Carucci finisce qui ringraziandolo come sempre per la sua umiltà e disponibilità e vi ricordo che seguirò altri motoviaggiatori e mi raccomando seguitemi.

E mi raccomando seguite Marcello sul sito http://www.marcellocarucci.it

STAY TUNED

FRANCESCO TARRICONE RACCONTA LA SUA PARIGI/DAKAR 2002

Uno dei miei più grandi sogni è sempre stato di poter partecipare ad una Dakar, ma a volte certi sogni rimangono tali, così mi accontento di viverla attraverso foto, racconti attraverso il mio blog o la pagina Facebook.

La gara iniziò il 28 Dicembre da Arras, nel nord della Francia e finì il 13 Gennaio a Dakar; in mezzo 9450 km, di cui 3980 di prove speciali.

Sulla carta un rally impegnativo, in realtà diventò una corsa di sopravvivenza, specialmente nella seconda parte, quando alle difficoltà del percorso si aggiunse il maltempo.

Delle 7 edizioni a cui ho partecipato, questa è sicuramente stata la più impegnativa, per i mille problemi avuti, a cominciare da un paraolio forcella, ancora prima di sbarcare in Africa e per finire con la rottura di un radiatore sulla spiaggia di Dakar …

Mi limiterò a raccontare le 4 tappe per me più significative.

7 Gennaio, Tappa 10 Atar-Atar, km 404 (speciale Km366).


Sono da poco partito. Fin dalle prime tappe viaggio in compagnia di Emanuele Ravazzini (Kawasaki), per lui è la prima Dakar; stiamo percorrendo una spianata sabbiosa con numerose gobbe che invitano a saltare.
Mi faccio un po’ prendere la mano ed esagero; all’atterraggio da un salto la moto si intraversa e comincia a fare il pendolo da una parte all’altra. Dopo 3 o 4 sbandierate perdo il controllo e vengo scaraventato via, la moto si ribalta più volte. Per fortuna io sto bene, non mi sono fatto niente; alla moto è andata peggio: il cerchio anteriore si è storto completamente! E adesso?
Con l’aiuto di Lele provo a fare girare la ruota, tocca sugli steli della forcella, prima da un lato, poi dall’altro.
Mancano tantissimi chilometri e non è proprio possibile pensare di poterli fare in quelle condizioni.
Mi viene in mente che, un paio di km prima, avevamo trovato il concorrente francese Eric Abijoux, in gara con una Honda come la mia, fermo in attesa del soccorso medico, a seguito di una caduta.
Torniamo indietro non senza fatica, con la mia ruota anteriore che sembra quella di una bicicletta schiacciata da un’auto …
Arrivati sul posto, spiego ad Eric la situazione e chiedo se ci possiamo scambiare la ruota anteriore; gliela restituirò la sera, quando potrò recuperare la mia di scorta, dall’aereo dell’organizzazione.
Lui ci pensa un po’, poi acconsente.
Con Lele che mi aiuta, ci mettiamo un attimo a scambiare le ruote; non mi sembra vero poter ripartire, sarebbe stato un ritiro sicuro senza questa botta di culo!
Prima di ripartire ringrazio Eric, che sta aspettando l’auto dei medici. Non so perché, ma mi viene di dargli una pacca sulla spalla, ovviamente quella appena infortunata …
Il suo urlo mi fa immediatamente capire che ho fatto una cazzata!
A fine gara, una volta a casa, chiesi agli organizzatori il suo indirizzo e gli inviai la mia medaglia di finisher con un biglietto di ringraziamento.
Purtroppo Eric perderà la vita qualche anno dopo, nel corso dell’ultima edizione della Dakar corsa in Africa, coinvolto in un incidente a pochi chilometri dalla fine.
R.I.P.

10 Gennaio, Tappa 13 Tichit/Tichit km 450 (speciale km 450).


Tutta prova speciale, con la difficoltà supplementare di un road-book ridotto ai minimi termini, un paio di paginette con i cambi di cap e niente altro!

In questa edizione gli organizzatori inserirono due tappe in cui il road book riportava solo i cambi di CAP (direzione espressa in gradi bussola), quindi bisognava affidarsi al GPS, in cui però la freccia che indica la direzione da seguire era disabilitata.
Pronti via, la prima parte della tappa scorre via liscia senza difficoltà particolari, solo un po’ di vento a sollevare la sabbia e oscurare parzialmente la visibilità.
Arrivo alla neutralizzazione di 15 minuti per il rifornimento di benzina insieme ad un gruppetto composto dagli amici Ravazzini e Cristanelli, un paio di francesi e alla pilota svedese Mary Sandell.
La seconda parte ha praticamente una sola nota: cap 200 per circa 200 km, fino ad arrivare alla pista che permette la discesa dall’altopiano che sovrasta l’oasi di Tichit.
Alla ripartenza mi attardo per qualche secondo e vedo i miei compagni di viaggio prendere una direzione sbagliata di circa 40 gradi!
Dentro di me penso: ma perché? Possibile che non si accorgano dell’errore?
Comunque mi lancio all’inseguimento per riportarli sulla giusta rotta; per fortuna guida il gruppo un francese con un XR400. Io, col motorone del mio 650, impiego una decina di chilometri a raggiungerli, li fermo e capisco tutto: il francese è l’unico ad avere il gps funzionante e gli altri lo stavano semplicemente seguendo!
La mia strumentazione funziona bene e visto che il francese non ha le doti di navigatore di Magellano, mi toccherà guidare il gruppo fino all’arrivo …
Prima decisione: tornare indietro fino al CP della benzina e prendere la direzione giusta, o tracciare una nuova rotta che ci consenta di incrociare più avanti le tracce degli altri concorrenti, senza tornare indietro?
Scegliamo la seconda.
Il problema è il vento. Aumenta di intensità e copre in fretta le tracce; tra l’altro soffia alle nostre spalle, facendo surriscaldare i motori e rendendo il calore percepito più alto.
Il percorso è tutta herbe chameau, praticamente una distesa infinita di ciuffi di erba durissimi che crescono su un fondo di sabbia molle; il solo modo di avanzare è zigzagare fra questi piccoli cespugli, cercando di galleggiare sulla sabbia. Un vero inferno!
Come se non bastasse, a metà strada, la mia mousse posteriore cede.
Riassumiamo: devo cercare di portare all’arrivo me e i 5 compagni di avventura, seguendo un numerino sul mio gps, in una landa desolata di sabbia molle e ciuffi d’erba, senza tracce per terra e senza poter vedere l’orizzonte, con la ruota dietro afflosciata e la speranza di arrivare alla fine dell’altopiano, in corrispondenza dell’unico punto che ne permette la discesa …
L’insieme di questi fattori mi logora psicologicamente e mi distrugge fisicamente; arriviamo sull’orlo della falesia che è sera, la buona notizia è che la rotta era sostanzialmente giusta, infatti possiamo vedere le luci del bivacco che dista un paio di chilometri davanti a noi. La brutta notizia è che non si vede la pista che dovrebbe permetterci di scendere il centinaio di metri di dislivello!
Lo scoramento è totale, non sappiamo cosa fare, vediamo il bivacco davanti a noi ma non sappiamo come fare a raggiungerlo.
Cristanelli tira fuori il colpo di genio, intravede una lingua di sabbia che scende ripidissima in mezzo alle rocce e dice: io scendo di qua!
A me sembra una pazzia, è troppo ripido e se qualcosa va storto c’è il rischio di lasciare la moto sulle rocce.
Siamo allineati sull’orlo del precipizio a vedere come va; Lele scende piano piano e in breve si vede solo il suo fanalino posteriore rosso. Incredibilmente ci riesce.
Se lo ha fatto lui lo posso fare anche io! Comunico agli altri la mia intenzione, Lele Ravazzini e “Magellano” mi seguono, la Sandell ha una crisi di nervi, comincia a piangere supplicandoci di non lasciarla sola.
In condizioni normali sarei rimasto lì cercando la pista giusta, ma di normale in quella situazione non c’era niente; volevo solo arrivare subito al bivacco, non ne potevo proprio più. Quindi, pur dispiaciuto, ho pensato a me lasciandola in compagnia dell’altro francese, anche lui restio a scendere.
La pendenza della lingua di sabbia era tale da rendere impossibile la discesa stando in sella; quindi motore acceso e in folle per avere il faro anteriore funzionante e vedere avanti, io a fianco della moto col freno anteriore pinzato e i talloni puntati nella sabbia, cercando di frenare la discesa il più possibile.
Il tutto sarà durato un paio di minuti, ma che paura!
Una volta giù percorro i due chilometri che mi separano dal controllo di fine tappa, consegno la tabella di marcia ai cronometristi e mi dirigo verso l’aereo che trasporta le nostre casse.
Voglio solo montare la tenda, mangiare qualcosa e andare a dormire; fanculo la Dakar!!! Per quest’anno ne ho abbastanza, domani non riparto, vado a casa!

11 Gennaio, Tappa 14, Tichit-Kiffa km 463 (speciale km 457)

E invece no! Mi sveglio verso le 4,30 e mi do da fare per ripristinare la moto: sostituzione ruota posteriore, cambio filtro aria, controllo olio e livello acqua radiatore, inserimento road-book.
Per fare una sorta di reset, anche mentale, e cancellare la giornata di ieri, pulisco tutto il mio abbigliamento da gara, soffiandolo con l’aria compressa, in modo da presentarmi alla partenza in modo decente.
Incontro a colazione Mary Sandell, mi racconta di aver seguito il bordo della falesia per qualche chilometro fino a trovare il famigerato passo; meno male, mi sarebbe dispiaciuto aver contribuito al suo ritiro.
Inizio la speciale con tutti i migliori propositi, la moto è a posto, io pulito e …
… sbamm!

Mi infilo in una stramaledetta pozza di fesh-fesh (sabbia bianca e finissima, con la consistenza del borotalco) e cado a pelle di leone.
Mi rialzo illeso ma completamente ricoperto da questa polvere bianca; il reset di poco prima è ormai uno sbiadito ricordo …
Se il buongiorno si vede dal mattino, si prospetta una tappa indimenticabile!
Dopo una sessantina di km mi ritrovo su una pista che corre all’interno di una sorta di canyon abbastanza largo; vedo un gruppo di piloti che torna indietro, proseguo, mi sembra che la direzione sia giusta; dopo un po’ altri piloti che ritornano; qualcosa non va!
In pratica quasi tutti hanno seguito la pista tracciata dalle assistenze il giorno prima, ignorando quella giusta che divergeva di pochi gradi sulla destra, evitando il canyon.
Questo è il punto in cui il grande Fabrizio Meoni, navigando bene, guadagnò moltissimo tempo sugli avversari, portando alla vittoria la Ktm bicilindrica; e dove Nani Roma, fino a quel momento secondo, si incaponì cercando di scavalcare il canyon, fino al crollo fisico e mentale e al ritiro.
Torno indietro anche io e incontro Giorgio Papa, facciamo la strada insieme.
Quando arriviamo al bivio da cui parte la pista giusta, siamo quasi a metà giornata, abbiamo percorso a malapena 40 km e quel che è peggio molte auto a diversi camion sono già passati, rovinando tantissimo il tracciato.
Ho paura di non avere abbastanza benzina per arrivare al controllo di metà tappa, per cui chiedo a Giorgio, che ne ha di più, di stare con me.
Col senno di poi si rivelerà una scelta sbagliata, infatti in tappe così lunghe ciascuno di noi alterna momenti in cui è veloce con altri in cui è più lento; viaggiando con un compagno questi momenti non coincidono mai, quindi si va sempre piano aspettandosi l’un l’altro.
Il cielo, come ieri, è coperto e a tratti cade anche qualche goccia di pioggia, la sabbia è abbastanza appesantita, evidentemente durante la notte è piovuto tanto; in compenso il vento è calato.
In questo contesto andiamo avanti, consapevoli che sarà una giornata lunghissima e che sicuramente dovremo viaggiare col buio.
Ad un certo punto ci capita un episodio che mi farà crollare definitivamente il morale: stiamo percorrendo una grande vallata su una pista di sabbia ondulata, con ciuffi di vegetazione qua e là, in lontananza vediamo una figura umana isolata. Avvicinandoci vediamo che è una donna, è in piedi in mezzo alla pista, vestita con un abito locale nero, che le lascia scoperti solo gli occhi.
Quando siamo ormai vicini rallentiamo, cercando di capire se ha bisogno di qualcosa; questa, per tutta risposta, tira fuori una grossa pietra e ce la scaglia contro, per fortuna sbagliando mira!
Da lì in avanti in testa avrò solo un pensiero: che ci faccio qui? Non potevo ritirarmi ieri?
Quando arriviamo al secondo rifornimento di benzina è ormai buio, è già da un po’ che arranchiamo su una pista devastata dal passaggio di auto e camion; ci sono solchi profondi che richiederebbero una guida aggressiva, ma per farlo ci vorrebbe forza, che non c’è più e un faro più potente per vedere dove mettere le ruote.
Mancano quasi 200 km al traguardo e non riesco proprio a pensare di dover andare avanti così; comincia a balenarmi in testa l’idea di caricare la moto su un camion e farmi trasportare fin quasi a fine tappa; cosa ovviamente vietatissima.
In parte alla zona adibita al rifornimento, vediamo alcune persone intorno ad un fuoco, ci avviciniamo per scaldarci un po’, abbiamo i vestiti umidi per il sudore e la leggera pioggia che continua a cadere; sono dei mauritani che viaggiano su un camion carico all’inverosimile.
La mia idea non è attuabile con loro: non ci sarebbe fisicamente posto per la moto e comunque è un mezzo troppo lento, arriverebbe il giorno dopo, mentre la partenza della tappa successiva è fissata per le ore 1,30 del mattino …
Riparto con Giorgio con la speranza che le condizioni della pista vadano migliorando … ovviamente non accade!
Facciamo, non so come, un’altra cinquantina di km e ci fermiamo a riposare, veniamo raggiunti dall’Iveco dell’equipaggio Merola/Fumagalli, ex motociclisti del mio stesso Moto Club, colgo al volo l’occasione e propongo: carichiamo la moto dentro il cassone, mi ci metto anche io, così dall’esterno nessuno può accorgersi della “gabola”.
Per loro non è facile decidere, nel caso fossimo scoperti ci sarebbe la squalifica immediata e a due giorni dalla fine non è bello!
Alla fine acconsentono, ma bisogna sbrigarsi per non correre il rischio di essere visti da qualcuno.
L’accesso dalla parte posteriore non è possibile, perché ci sono accatastati i pneumatici di scorta del camion; allora l’unica possibilità è la porta laterale, però il pianale del camion è quasi a due metri di altezza, i serbatoi della moto sono quasi pieni e non disponiamo di una rampa di carico …
Con uno sforzo enorme riusciamo a introdurre l’XR e la posizioniamo in bilico sui diversi materiali che ingombrano l’interno del cassone, e a fissarla con un paio di cinghie.
Io mi accomoderò su un cumulo di borsoni, con la schiena appoggiata al retro cabina, usando il roll-bar come sostegno.
Giorgio proseguirà in moto, sfruttando i potenti fari del camion.
I ragazzi chiudono il portellone, io rimango dentro senza possibilità di guardare fuori e senza poter comunicare con loro; c’è solo una lampadina che rischiara un poco l’ambiente.
Partiamo, e bastano poche centinaia di metri per capire che non sarà un viaggio di piacere …
Il camion ondeggia sulla pista come un vagone delle montagne russe, la moto è fissata male e a causa degli scuotimenti l’ambiente si satura dei vapori di benzina, io mi aggrappo come posso al roll-bar e devo stare rivolto contro il senso di marcia.
In più sono rimasto vestito completamente, casco compreso; se la moto dovesse sganciarsi mi verrebbe addosso con violenza!
In queste condizioni resisto poco, quasi quasi era meglio andare in moto …
Prima di svenire mi viene in mente di stendermi e ricoprirmi con i borsoni a mò di protezione; lo faccio, dopodiché è buio completo!
Il ricordo successivo sono i faccioni di Merola e Fumagalli allarmati dal fatto che non riescono a svegliarmi.
Siamo a una ventina di km dall’arrivo, è il momento di scaricare la moto lontano da sguardi indiscreti e completare questa tappa infinita.
Sono circa le due di notte quando arriviamo al bivacco, gli altri concorrenti sono già partiti per un lungo trasferimento di 450 km che porterà allo start dell’ultima speciale di questa Dakar.
I commissari ci spiegano che siamo liberi di ripartire quando vogliamo, la consegna è essere al via della speciale entro il tempo massimo consentito, circa le ore 13.
Incontriamo Massimo Tresoldi, è arrivato da qualche ora in condizioni tali per cui i commissari gli hanno imposto un po’ di riposo prima di ripartire; andiamo insieme al bivacco a mangiare qualcosa e ci raccontiamo la giornata.
Dalle classiche vediamo che Alessandro Balsotti è arrivato nel pomeriggio e ora si trova lungo il trasferimento; ottima notizia, ad un giorno dalla fine siamo ancora tutti e quattro in corsa!
A questo punto, dopo aver “dormito” sul camion e mangiato, sto molto meglio; mi metto a fare un minimo di manutenzione alla moto e a preparare il road-book.
Mi offro di fare le stesse cose sulla moto di Giorgio, mentre lui cerca di dormire un poco … lui non ha avuto l’aiutino esterno …
La prima metà del trasferimento è su una strada in pessime condizioni, costellata di grandi buche e interrotta da innumerevoli sezioni di lavori in corso; in più la pioggia caduta abbondante nei giorni scorsi rende il percorso estremamente pericoloso.
L’ideale sarebbe aspettare l’alba, ma a conti fatti si rischia seriamente di arrivare fuori tempo massimo alla fine del settore. Tre concorrenti moto spagnoli ci sconsigliano di partire col buio e ci invitano ad unirci a loro partendo alle prime luci del nuovo giorno; spiego loro che così facendo, quasi sicuramente saranno fuori gara e che noi partiremo non oltre le 5.
Gli spagnoli partiranno con la luce e non saranno ammessi al via dell’ultima speciale … come volevasi dimostrare …
Partiamo. Lo scampato pericolo di ritiro mi ha dato nuova energia, faccio io strada con Max e Giorgio che mi seguono, e un odore fortissimo di benzina che mi accompagnerà per qualche giorno, causa l’aerosol forzato nel camion!
La strada è in condizioni disastrose, in pratica siamo costretti a fare lo slalom per evitare le buche. A un tratto raggiungiamo Alessandro, ci racconta di aver sbagliato strada e di essersi infilato, al buio, in un pantano fangoso e di aver bruciato la frizione cercando di uscirne.
Io e Max facciamo quello che avrei dovuto fare io durante la mia prima Dakar, cioè smontare il coperchio frizione, estrarre i dischi, piegarli leggermente e reinserirli. Lezione imparata!
A quel punto ripartiamo, consigliando Alessandro di non sforzare ulteriormente il motore.
In seguito la strada migliora e diventa una superficie liscia su cui correre a 90/100 all’ora; noi proseguiamo in formazione con me, Max e Giorgio a seguire per decine di km.
Poi mi giro per dare un’occhiata e Giorgio non c’è!
Max non si è accorto di niente, non è pensabile tornare indietro, speriamo solo che si sia semplicemente fermato per una pausa. Decidiamo di proseguire e aspettare lui e Alessandro a inizio speciale.
Arriviamo infine al punto di controllo con lo start della speciale, stanno partendo gli ultimi camion, fra circa un’ora scadrà il tempo massimo, aspettiamo.
L’attesa sarà vana: il motore della Husky di Giorgio ha ceduto, lo stesso quello della Suzuki di Alessandro. Che sfiga, a poche centinaia di km da Dakar!
È stata una grande sfortuna, tutti e due si meritavano la soddisfazione del palco di arrivo.
Con i cronometristi che consultano continuamente l’orologio, perché non vedono l’ora di chiudere il controllo, io aspetto fino all’ultimo sperando nel miracolo di veder apparire Ale e Giorgio.
Alla fine il commissario mi dice: “o parti o sei fuori”. Quindi entro nell’ultima speciale ultimo assoluto! Max è partito qualche minuto prima.
Il percorso è relativamente breve, 165 km, fra collinette di sabbia ricoperte di erbetta verde, spuntata dopo le recenti piogge, che lo fanno vagamente assomigliare ad un campo da golf.
L’unico problema sono i solchi profondi lasciati da tutti i veicoli in gara, soprattutto i camion.
Quando sto per raggiungere e superare Max, incappo in una caduta clamorosa; per fortuna non mi faccio niente, ma il fanale anteriore è disintegrato!
Mi do una sistemata e riparto.
Max , ignaro di tutto, ha proseguito. Penso: mi aspetterà a fine speciale.
Non ho più voglia di correre rischi, vado avanti piano fino alla fine, accodandomi a un camion in gara, così non devo neanche navigare.
Arrivo a fine speciale e Max non c’è! Strano che sia ripartito subito. Vado a controllare il cronologico dei cronometristi e vedo che non è ancora passato. Io non l’ho superato, la pista era segnatissima e quindi non si poteva sbagliare …
Il giorno dopo il mistero sarà svelato: Max era stanco (ma chi non lo era a quel punto?), si era fermato per una sosta un po’ fuori dalla pista, aveva mangiato qualcosa e si era addormentato!
Ma io non potevo saperlo, quindi lo aspetto per una mezz’ora abbondante, poi faccio qualche calcolo: a Dakar mancano circa 400 km di strada asfaltata, è pomeriggio inoltrato e mi toccherà guidare al buio … ma io non ho più il faro anteriore!
È meglio partire.
I km scorrono veloci finché c’è luce, poi come previsto fa buio prima che sia arrivato al traguardo di giornata. Visto che non ho nessuna intenzione di farmi arrotare da un’auto locale, devo trovare una soluzione per rendermi visibile, quindi mi lego la torcia da minatore che ho con me, sul dorso della mano sinistra, rivolta in avanti.
La luce che fa è poco più di quella di una bici, ma sufficiente per farmi vedere.
Verso le 21 metto la moto in parco chiuso all’Hotel Meridien, sono  D I S T R U T T O !!!
Mi unisco al volo al gruppetto di italiani superstiti che stanno andando a cena, a trovare una camera ci penserò dopo.
Al ristorante faccio un salto in bagno per rinfrescarmi un po’, sono ancora vestito da moto, mi guardo allo specchio (erano 4 o 5 giorni che non riuscivo a farlo): chi è quello???
Sembravo un altro …
Il mattino dopo l’ultimo atto di questa soffertissima Dakar, la passerella di 30 km tra il bagnasciuga del Oceano e il podio al Lago Rosa.
La moto è in condizioni pietose, uno dei due radiatori sbuffa vapore, e come se non bastasse, a un certo punto si stacca un fianchetto convogliatore del serbatoio!
Ma a questo punto, dopo tutto quello che ho passato, la trascinerei di forza fino al palco finale. Per fortuna non sarà necessario, il motorone del XR è inarrestabile!
La stretta di mano di Hubert Auriol e la consegna della medaglia di finisher, sanciscono la fine di questa Odissea; obiettivamente devo riconoscere di aver avuto fortuna in tanti episodi, mi sono trovato più volte a un passo dal ritiro, ma in qualche modo me la sono sempre cavata.
Credo che a mio favore ci sia il fatto di non aver mai perso la lucidità di cercare ogni volta la soluzione migliore ai mille problemi incontrati, e la volontà incrollabile di superarli.
Aver finito questa edizione mi ha riempito di orgoglio, bravo Tarri!

DAKAR 2021 PERCORSO, DATE E ULTIME NOVITA’

In attesa che finisca presto questo sofferto 2020, il nuovo anno inizierà con la gara più
famosa e difficile per il settore Rally Raid.

PERCORSODal 3 al 15 gennaio in Arabia Saudita si terrà la 43esima edizione della Dakar.
Come per l’edizione 2020 Jeddah sarà palco partenza ed arrivo.
Il 2021 vedrà un percorso nuovo, molto più tecnico, vario e ricco di dune che gli equipaggi
dovranno sin dalle prime battute affrontare. Nuovi anche tracciati delle PS.
2 saranno le tappe “a cerchio” e ci sarà una tappa Marathon, la cui caratteristica è la totale
assenza di assistenza. Gli equipaggi dovranno in autonomia affrontare non solo il
tracciato, ma anche eventuali problematiche di ordine meccanico.
In sostanza anche per il 2021 i concorrenti affronteranno una competizione che segnerà
un totale di 8.000 Km con quasi 5.000 Km di prove speciali.

SICUREZZA


Come l’anno scorso il roadbook verrà consegnato agli equipaggi il mattino, 10 minuti prima
della partenza di tappa, con la variante che alcune categorie lo riceveranno in formato
digitale.
Molta la cura sul fronte sicurezza del percorso e dei partecipanti: infatti in prossimità di
zone con connotati di difficoltà, gli strumenti di bordo in dotazione emetteranno segnali
sonori ed il limite di velocità da osservare sarà di 90 km/h.
Per quanto riguarda i motociclisti è prevista una riduzione nel numero dei pneumatici
posteriori (massimo 6), oltre all’obbligo – unitamente ai piloti della Categoria Quad – di
indossare delle giacche con airbag.

DAKAR CLASSICLa Dakar 2021 riserva un’altra novità.
La Dakar Classic : sono “richiamati” in gioco i mezzi classici che corsero negli anni 80/90.
Una bellissima ed affascinante esperienza alla quale potranno partecipare coloro che
hanno affrontato la competizione nel passato. Con uno spirito d’avventura ben diverso.

Come tutti gli anni sulla pagina FB troverete ogni giorno notizie,  foto e aggiornamenti quasi in tempo reale……quindi mi raccomando seguitemi!

E come sempre un ringraziamento a Sandra Castellani

WILLY

STAY TUNED

FAAKER SEE 2019 EUROPEAN BIKE WEEK

Oramai è diventato un appuntamento fisso e dopo 21 anni dal 3 all’8 Settembre si terrà il più grande raduno europeo del famoso marchio di Milwaukee “Harley Davidson”.

Il raduno come tutti gli anni si terrà in terra austriaca a pochi km dal confine italiano e precisamente a Villach nella splendida regione della Carinzia.

Bisogna anche dire che ormai è diventato anche un punto di riferimento per tutti gli amanti delle 2 ruote e quindi ormai l’invito è stato esteso anche ad essi con una previsione di partecipanti di 70000 centauri…bhe non pochi direi!!!!

Ci saranno custom, moto di serie e di ogni genere, l’importante che abbiano 2 ruote e un manubrio e con la stessa e unica passione “La Moto”, ma non mancherà anche la buona musica Rock con concerti e band di ogni paese, e di certo non mancheranno splendide e provocanti girls.

Si parlava di questa splendida terra , la Carinzia, e nello specifico il Lago di Faaker, luogo molto affascinante e punto di ritrovo dei biker. Chi volesse prenotare un hotel / pensione, deve organizzarsi per tempo ed estendere la ricerca nelle vicine Villach, più a nord a Bodensdorf e a est sulla A2 a Klagenfurt. L’arteria autostradale a sud invece porta nella splendida area di Kranjska Gora o Jesenice in Slovenija dove il comprensorio sciistico offre sistemazioni di ogni tipo. Se poi siete curiosi e dedicate una visita al Lago di Bled, lontanto dalla frenesia del raduno, vi offrirà un meritato riposo nella natura incontaminata.

Nella zona della Harley Village di Faaker See si svolgerà come ogni anno il Custom Bike Show. È impossibile mancare. Vi si trova lo spettacolo offerto dai migliori Customizer dalla scena mondiale, per vincere uno dei trofei qui bisogna essere in grado di mostrare qualcosa di speciale.

Il momento più importante di questo evento è la sfilata Harley-Davidson di European Bike Week. Inizia il Sabato pomeriggio, la preparazione inizia 10:00-11:00, il punto di partenza è alla rotonda con i motociclisti Harley. La sfilata prosegue lungo il Lago di Faak – da Finkenstein centro di Villach a Ossiach, intorno al lago di Ossiach fino a Rosegg e di nuovo a Faaker See.

La sfilata delle Harley-Davidson è il più grande serpentone di moto d’Europa, con circa 13.000 partecipanti in parata attraverso la Carinzia, per le strade ci sono molti fan e salutano i motociclisti e partecipanti al Bike Week. Anticipati dal mezzo dello sponsor principale e dietro di lui tutti i motociclisti con le loro moto luccicanti Harley Davidson, per molti, questo il raduno European Bike Week al Faaker See è un evento molto speciale.

Insomma non resta altro che organizzarsi e partire per questo evento unico al mondo.

4 CHIACCHIERE CON RICCARDO PRADA

Ormai prossimi alle vacanze estive, vogliamo rendervi partecipi di questa interessante intervista. Lui si chiama Riccardo Prada, non è un pilota conosciuto, ma anche lui fa parte di quella schiera di piloti comuni che a nostro parere è giusto far conoscere. Continua a leggere 4 CHIACCHIERE CON RICCARDO PRADA